SCEGLI BENE IL TUO PROSSIMO EROE

I campioni, gli eroi, sono certamente uomini e donne di valore. Però la popolarità di cui godono non è dovuta unicamente alle loro doti personali ma è anche stabilita dal fatto che i mezzi d’informazione (e dunque l’opinione pubblica) riconoscono e celebrano le loro gesta, moderni esempi ai quali ispirarsi.

“ Rimetto   i   vestiti   del   viaggio,   altrimenti   avrei   bisogno   di   un   cambio   ogni giorno. Si parte in bici e prima o poi non mancano le forature. Quando è una non fa problema, ma quando sono sei o sette, come mi è accaduto per la visita all’ultimo villaggio, si arriva sfiniti e con ritardi di varie ore. Siccome il mastice costa troppo, si parte con una liana speciale, la cui linfa anche se troppo liquida,  funziona da mastice. Dopo avere pulito la superficie della parte forata, si stende la linfa e, con il calore di una brace   accesa   si   fa   evaporare   il   liquido   perché   s’incolli.   Se   la   pezza   non   verrà   troppo presto  a  contatto  con  l’acqua,  la  riparazione  terrà  bene. Non  è tanto  facile  trovare  la liana ma il mio compagno di viaggio si è provvisto di una scorta sufficiente.

Quanto a me, troppo spesso non sono riuscito ad evitare gli ostacoli e ho sbattuto i piedi contro rami o tronchi nascosti dalle erbe: alla fine del giro mi trovo con i piedi pieni di piccole piaghe e anche con ospiti indesiderati, cioè le pulci della sabbia che si annidano sotto la pelle e scavano la sede nella misura in cui crescono. Se si levano bene, si guarisce presto, diversamente la ferita fatica a rimarginarsi. Io, fortunatamente, ho trovato una donna che ha saputo levarmene parecchie, senza provocarmi dolori e lasciandomi con le ferite presto rimarginate. Ne ringrazio ancora il Signore. Padre Senen ed io, abbiamo realizzato questa itineranza  in due settori ciascuno, ponendo però un giorno di riposo fra un settore e l’altro. Il Signore mi ha sostenuto e ho resistito piuttosto bene fino alla fine, mentre p. Senen ha sofferto a causa di una crisi malarica. Tuttavia, anche lui, ha portato tutto a termine. Tornando a Dakwa, sebbene stanchi e un po’ malandati, commentavamo tra noi: ”Chi mai ha un servizio che rende tanta gioia come il nostro? Noi che seminiamo speranza e amore, riceviamo in contraccambio amore e gioia”. Veramente la nostra vita ci conforta e ci dà gioia pur richiedendo sforzi assai notevoli e anche superiori alla nostra età.”

Maggio 1999, queste sono le parole di Padre Elio che racconta le sue visite pastorali nei villaggi più sperduti all’interno delle foreste congolesi. La sua missione è quella di portare conforto spirituale ed umano persino alle più sparute ed isolate comunità cristiane. Lui ed i suoi confratelli comboniani vanno ovunque vi sia una “cappella” ovvero ovunque vi sia qualcuno che prega davanti a Gesù in Croce. Le piste che conducono ai villaggi sono spesso al limite della praticabilità e comunque nella foresta non ci sono distributori di benzina per cui ad un certo punto è più sensato proseguire in bicicletta ma anche quella, spesso tocca caricarsela in spalla.

Primavera 2021

Il primo giro con la sua nuova fiammante e-bike. Anzi sarebbe meglio dire e-mountainbike. Marco vive e lavora nell’area metropolitana milanese. Dopo un anno di pandemia e restrizioni, ha maturato un’irrefrenabile voglia di libertà. Lui che fatta salva la partitella infrasettimanale di calcetto, non è mai stato uno sportivone. Però questa condizione così psicologicamente provante, ha in qualche modo ribaltato le sue priorità. Eppure prima che succedesse tutto ciò che è successo, Marco si riteneva un privilegiato: buoni studi, il lavoro come informatico presso una società finanziaria, una fidanzata diventata sua compagna di vita, un mutuo ormai pressoché estinto. E per finire, un nuovo Suv sportivo con tutto di serie.

Questa maledetta pandemia – purtroppo o per fortuna – forse  è arrivata al momento giusto per fargli capire che gli mancava una cosa molto importante, qualcosa che aveva a che fare con la libertà.  Che fosse al parco, dietro casa oppure al lago, in montagna o in collina, si trattava sempre e comunque di libertà di starsene all’aria aperta.  C’era voluta quest’ assurda pandemia per fargli scoprire quanto fosse piacevole anche una semplice passeggiata e quale sensazione di benessere provasse lungo un sentiero alberato oppure su quella strada che all’improvviso gli svelava la riva del lago. Passarono mesi interminabili colmi d’angoscia, durante i quali maturò la convinzione che quella sensazione di benessere andasse coltivata con maggior convinzione. Ed ecco che la nuova e-bike gli si presentò come mezzo ideale per lo scopo che si era prefisso. Lui che non aveva praticamente mai pedalato in vita sua se non durante le vacanze estive per muoversi sul lungomare di Riccione. Ora invece col suo nuovo gioiellino può andare quasi ovunque, persino su ripidi sentieri di montagna. Dove non arrivano le gambe, ci pensa la batteria elettrica. Domenica scorsa ha raggiunto il cocuzzolo di una montagna che è un vero e proprio balcone naturale a picco sopra il lago di Como. Come dice lui, ha faticato il giusto. Ma la cosa più gratificante è stata quella di godersi pienamente quello splendido panorama. Lui che per pigrizia, a piedi non ci sarebbe mai arrivato. Invece era lì, sotto i suoi occhi si allungavano stupendi i due rami del lago mentre all’orizzonte, dominava una corona di montagne ancora innevate. Qualche sporadico traghetto, lasciava una timida scia dietro di sé. Così, in preda ad una strana euforia ha sfilato dallo zainetto tecnico lo smartphone ed ha videochiamato Silvia per mostrarle quella vista mozzafiato. In realtà, la sensazione che ha provato è difficilmente spiegabile a parole ma di sicuro lassù si è sentito in piena sintonia con tutta quella bellezza.

Così come Marco, di questi tempi sono in molti a volersi cimentare in questa nuova attività all’aria aperta. A pensarci bene, s’è scatenata una specie di tempesta perfetta: il confinamento dovuto alla pandemia, lo stress del nostro stile di vita, la sedentarietà dell’uomo moderno…si potrebbero citare una serie di concause perfette che hanno fatto emergere un nuovo bisogno non più trascurabile, ovvero la ricerca di un rinnovato contatto con la natura. Ciò che per un uomo comune rappresenta un bisogno, per l’industria ed il commercio rappresenta un nuovo business. E guarda caso le  nuove regine a pedali rispondono in pieno a questo bisogno: somigliano a delle mountain bike dall’aspetto più possente, comunicano forza e resistenza e piacciono sempre di più all’uomo del terzo millennio. Piacciono perché vanno dappertutto, dai percorsi cittadini agli sterrati più improbabili. Ma forse sarebbe meglio dire che piacciono perché ci portano dappertutto con un dispendio di energie che non richiede mai sforzi sovrumani. Naturalmente il cuore di questi gioielli tecnologici è costituito dalle batterie elettriche. Ce n’è di svariati modelli, potenza e durata. Si notano poco perché sapientemente integrate nel telaio, un’energia silenziosa ed invisibile al nostro servizio. Sento la voce di Marco che mi dice “ma cosa centra tutto questo con la mia voglia di libertà, me lo spieghi?”….eh caro Marco centra eccome. Tanto più ci dedichiamo ad una nuova attività umana inconsapevoli di ciò che gli sta dietro, tanto più le regole del moderno mercato ci faranno diventare consumatori succubi e sciocchi. Ma soprattutto felici di esserlo. Peccato solo che la nostra inconsapevolezza peserà sulle spalle di altri esseri umani e del Pianeta Terra.

Biciclette elettriche, auto elettriche e monopattini sono al centro della tanto sventolata nuova Rivoluzione Green, qualcuno la chiama anche transizione ecologica. Questo è quello che ci propina l’informazione di massa senza nessun commento critico in merito. Invece bisognerebbe anche chiedersi se questa tanto famigerata Rivoluzione, sia realmente sostenibile oppure sia un ennesimo stratagemma di mercato. Se ad esempio le automobili elettriche sostituiscono modelli equivalenti a petrolio (quindi più inquinanti) invece le bici elettriche sostituiscono modelli equivalenti meno inquinanti, cioè le biciclette tradizionali azionate dalla sola forza dell’uomo. E lo stesso dicasi per i monopattini. Che poi, a ben vedere, il punto non è nemmeno questo. La vera questione piuttosto è un’altra e ci conduce ad un’unica fondamentale domanda: Transizione Ecologica a quale prezzo? A quale prezzo per gli uomini e per il Pianeta? Va da sé che se il prezzo sarà troppo alto, allora non sarà più “transizione ecologica” ma qualcosa di diverso e dannoso.

E qui entrano in gioco il Cobalto, il Coltan e la Repubblica Democratica del Congo. Ma anche i missionari comboniani ad esempio, testimoni diretti di quanto sta succedendo.

Il Cobalto è un minerale di tipo metallico, la cui caratteristica principale è l’elevata resistenza alle alte temperature. Una qualità che nell’elettronica moderna può fare la differenza. E’ un componente che garantisce stabilità nell’erogazione della corrente elettrica, aumentando le prestazioni delle batterie che lo utilizzano. Ma non è il solo: ad esempio anche Nickel e Manganese garantiscono buone prestazioni ma la loro disponibilità in natura è maggiore. Mentre il Cobalto no. Si trova concentrato in strati di roccia i cui giacimenti sono presenti per il 70% solo in Congo e si ottiene come sottoprodotto dell’estrazione di Nickel o Rame. Trattasi d’un materiale il quale necessita d’essere sottoposto ad un processo di raffinazione: dalla roccia grezza al Cobalto puro ci sono una serie di passaggi successivi che vedono la presenza d’intermediari molto spesso senza scrupoli. I primi attori di questa filiera fuori controllo, spesso sono gruppi armati che si spartiscono illegalmente i vasti territori di confine tra Congo, Rwanda ed Uganda: si passa dalle Forze di Liberazione del Rwanda le cosidette FLDR, alle AFD di origine Ugandese, oppure ancora all’universo delle varie fazioni armate dei Nyatura che si riconoscono come difensori degli Hutu. Gruppi armati “tribali” che rivaleggiano per il controllo del territorio con altri gruppi armati che si definiscono “patriottici”. Una galassia di Signori della Guerra difficile da contrastare. Ci dovrebbe pensare ad esempio il contingente militare Onu denominato prima MONUC e poi MONUSCO attivo fin dal 1999 come forza di pace per stabilizzare le province orientali del paese: un esercito di oltre 17mila uomini che nel migliore dei casi si è rivelato inefficace ma che nei fatti si è dimostrato corrotto e responsabile di violenze di vario tipo contro la popolazione civile. Di fronte a questo scenario, il cosiddetto mondo civilizzato occidentale che fa? Fondamentalmente continua a badare ai propri interessi. Qualcosa si era mosso nel 2010 quando gli Stati Uniti per primi approvarono delle Normative che regolamentano la tracciabilità dei “Minerali di conflitto”. Solo nel 2021 l’Unione Europea ha espresso un regolamento simile. In poche parole, le aziende sono incentivate a certificare la provenienza di quei minerali che possono generare guerre per il loro accaparramento. Però guarda caso, ad oggi il Cobalto è escluso da questa lista. Ufficialmente il Cobalto congolese proviene dalla regione del Katanga che non è considerata instabile. Ufficialmente appunto. Mentre in realtà tutti i territori dell’Est sono ricchi di minerali: Coltan, Cobalto, Rame, Nickel, Oro. Senza dimenticare la moltitudine di terre rare i cui giacimenti sono certamente inferiori a quelli dei sopracitati minerali ma che, in quanto rare, hanno un valore altissimo di mercato ed un’importanza strategica nell’industria high-tech. In conclusione, in Congo i confini sono davvero labili, i minerali pregiati sono ovunque e così anche gruppi armati e trafficanti.

In questo panorama così complesso, va detto che esistono anche miniere legalmente riconosciute: multinazionali potenti come la svizzera Glencore oppure dei veri e propri colossi di stato come la cinese DCM proprietà della Huayou Cobalt. Ma il fiume di cobalto che alimenta i produttori di batterie e super leghe metalliche, si disperde in mille rivoli. Va da sé che il Cobalto estratto in miniere abusive avrà un prezzo inferiore rispetto a quello ufficiale e con la domanda alle stelle, questa filiera illegale non farà altro che ingrandirsi : minatori improvvisati che scavano a mano con attrezzi rudimentali senza nessun tipo di equipaggiamento o protezione, pagati solo qualche dollaro per decine di Kilogrammi di materiale scavato esclusivamente a mano e trasportato a piedi per lunghi tratti dove li attende qualche losco intermediario. Interi villaggi minacciati da bande armate, costretti ad avere come unica fonte di sostentamento queste miniere abusive, un girone infernale dove non si salva nessuno, nemmeno i bambini.

Il Coltan (Columbite-Tantalite)  invece è considerato a tutti gli effetti un “Minerale di conflitto” ed è altrettanto indispensabile nell’elettronica moderna. Se qualcuno non l’avesse ancora capito, la famigerata transizione ecologica per quanto riguarda i mezzi di trasporto, è tutta fondata sull’elettronica. Ce n’è sempre di più e sempre più sofisticata. E l’elettronica è affamata di materie prime di origine minerale. Il Tantalio è fra questi. Si ottiene dalla raffinazione di frammenti rocciosi oppure pietrisco dispersi in terreni molto umidi di origine vulcanica, scavando nel fango oppure in pericolosi cunicoli sotterranei. Una volta faticosamente trovate le pietre preziose, bisogna separare la Columbite dalla Tantalite, due elementi che in natura si trovano scissi nelle medesime formazioni rocciose, fino a ridurle in frammenti ed ottenere la pregiata polvere di Tantalio. E’ una materia prima indispensabile per l’elettronica perché è considerato un superconduttore quindi permette d’immagazzinare grandi quantità d’energia. Infatti il suo utilizzo più comune è quello nei condensatori ad alta capacità che prodotti anche in dimensioni miniaturizzate offrono prestazioni altissime. In un passato recente ha destato un certo scandalo perché tutti i chip dei nostri smartphone contengono Tantalio e nei primi anni duemila la maggioranza del Tantalio che proveniva dal Congo era estratto in condizioni disumane. Oggi però la situazione è solo leggermente migliorata a seguito delle normative sui “Minerali di Conflitto”. E poi ci sono loro, i nuovi veicoli elettrici, prime fra tutte le auto ibride. Ma guai a sottovalutare l’impatto di monopattini elettrici ed e-bike. Senza dimenticare che in un futuro prossimo potremo avere altri veicoli ibridi anche di grandi dimensioni. Più potenza, più elettronica, più materie prime. Oggi il boom della domanda di Tantalio si sta concentrando nell’automotive per realizzare circuiti di potenza che a loro volta controllano l’emissione d’energia elettrica delle batterie. Cobalto e Tantalio, i nuovi mezzi di locomozione non ne possono fare a meno, nessuno escluso.

Natale 2019

“Il profeta parlava a gente, ridotta in schiavitù da Babilonia, da più di cinquant’anni. Annunciava la salvezza di Dio la cui vendetta non era altro che la gioia di salvare oppresso ed oppressore, tutti figli suoi. Io parlo a fratelli e sorelle ridotti in uno stato miserabile dall’ingordigia umana, attraverso le multinazionali del profitto. Anch’essi attendono una salvezza che sembra tardi a venire. Eppure la Parola di Dio dà loro conforto. Sanno, nel profondo del cuore che Dio non delude. Hanno poca fiducia nel nuovo presidente (Félix Tshisekedi) che qualche giorno fa, nel suo discorso alla nazione ha promesso che, a partire da Gennaio 2020, oltre ventimila funzionari N.P.  et  N.U. avrebbero ricevuto il loro salario. Naturalmente senza pagare gli arretrati. Fra essi tanti sono gli insegnanti che lavorano da oltre dieci anni, tutto in regola ma senza la paga perché sul bollettino di paga al posto del netto salariale, compare: N.P. = Non-Pagato. Oppure, per i nuovi assunti: N.U.  = Nuova-Unità. Purtroppo per ora son solo promesse. Mi domando come un’ingiustizia così grave e tanto palese possa ancora durare dopo tanti anni senza suscitare una rivolta popolare e credo perché le oppressioni sono tali e tante, e anche nell’ordine economico, che la gente riesce appena a tirare il fiato. Quando ascolto qualche notizia di massacri da parte degli islamisti mussulmani e la reazione inorridita dell’opinione pubblica occidentale, mi chiedo perché non si parli mai della gente sgozzata, dei massacri atroci che si compiono all’Est del Congo, nella zona ricca di miniere di Coltan, razziate sistematicamente dal Rwanda, da cui trae la sua tanto decantata prosperità. I vescovi parlano di una violenza oltre misura. Questi   massacri,   celati   all’informazione   pubblica   ma   ben   conosciuti   dai   governi internazionali, continuano anche in questi giorni al solo scopo di terrorizzare e far fuggire la gente del posto e sostituirla poi con elementi ruandesi, travestiti da congolesi. Il tutto con documenti autentici procurati dall’ex presidente Joseph Kabila (alias Hyppolite Kanambe, un tutsi infiltrato da Kagame e ai suoi ordini). Negli anni di presidenza, Kabila ha infiltrato nel Congo probabilmente più un centinaio di migliaia di   Ruandesi, inseriti in posti chiave dell’esercito e della polizia, eliminando i congolesi autentici, per dividere il Congo affinché il Ruanda possa appropriarsi di quella zona. C’è una congiura del silenzio che si serve della corruzione e soprattutto del terrore. Esso regna sovrano fra la gente del posto perché chi denuncia i soprusi è indicato dagli infiltrati Ruandesi e sparisce per sempre. Altrove, come a Kinshasa, le autorità impediscono ogni manifestazione a loro difesa.

Qui a Kinshasa non si vive nel terrore certo, ma assediati dalla miseria. Per risparmiare i soldi del trasporto pubblico, dalla periferia dove mi trovo, la gente percorre quotidianamente anche decine di chilometri a piedi. Si tratta fra l’altro di passare 3 o 4 km di strada ridotti in tre piccole e lunghe strettoie, dai lavori in corso che riducono la carreggiata. Strettoie ingombre di varie cose che intasano il traffico dei veicoli e fanno aumentare il prezzo del trasporto. A volte si passano delle ore all’entrata delle strettoie senza poter avanzare e quindi si preferisce fare il percorso a piedi ai bordi della strada tra ostacoli vari, grandi buche, fango e immondizie. È un fiume di persone che avanza con fatica, ostacolata da un altro fiume di persone che camminano in senso inverso; ma lo si fa per passare prima e risparmiare il trasporto. Bisogna camminare con loro per capirne la fatica. Dappertutto la povera gente che si dibatte contro le ingiustizie quotidiane incontra sempre nuove difficoltà che non riesce a prevedere. Fa dei risparmi con fatica, e poi una malattia improvvisa li manda in fumo tutti. Sembra una fatica di Sisifo. Penso allora alle parole di Gesù: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò… ». E questi fratelli e sorelle, dai cuori feriti, io cerco di portarli a guardare Gesù perché lui solo può consolarli. Ed è incredibile come questi fratelli aggrappandosi a Gesù, mite e umile di cuore, riescono a vincere i rancori e amare e perdonare anche chi li sprofonda in tante miserie e difficoltà.

Vi abbraccio tutti con affetto, vostro fratello Elio.”

Pasqua 2021

“Da Bibwa, estrema periferia di Kinshasa, i miei auguri quest’anno vi arriveranno un po’ in ritardo, benché avessi l’intenzione di essere puntuale.
Purtroppo, con la creazione di due nuove parrocchie e la responsabilità diretta di una di esse sono stato sovraccaricato di lavoro con le energie che non sono più quelle di un tempo, così, senza accorgermi i giorni sono passati. Eppure ci tengo a questo appuntamento pasquale, sia per il significato della festa stessa: di vita che vince la morte; sia per condividere con voi l’attenzione agli altri che è fondamentale per essere cristiani. Qui non abbiamo il problema del Covid se non nei bollettini medici, sempre più rari perché la gente non ci crede, e nelle misure di restrizione del governo, contestate da tutti ma gioia dei poliziotti che trovano “un campo da mietere” per arrotondare il salario. Per il virus da voi è diverso e le sue conseguenze sono tragiche. C’è da chiedersi cosa ci sia sotto…Intanto però, dove altri vedono dolore e morte, alcuni vedono solo soldi a palate e così i morti si moltiplicano e la miseria avanza con tanta sofferenza e paura.

Tutti i media, specie italiani, hanno parlato della morte tragica del nostro Ambasciatore (Luca Attanasio): una persona altruista e capace che sapeva accogliere e mettere al proprio agio. Anche lui era “Missionario”, viveva qui in Congo non come un asettico funzionario ma come un cristiano che aveva una “missione”, un servizio da compiere qui per questi suoi fratelli. La moglie ha dichiarato che suo marito è stato tradito e ci credo. Stava indagando su una tragedia nascosta dall’informazione mondiale ma che continua da oltre vent’anni dove gente, che viene soprattutto dal Ruanda e paesi vicini, continua impunemente a sgozzare, mutilare e seminare il terrore nelle contrade all’EST del Congo, perché il disordine e la fuga della gente lascia spazio all’infiltrazione ruandese e allo sfruttamento anarchico di Coltan e Cobalto, elementi ormai essenziali per l’informatica. Per esempio, se il computer si spegne per mancanza di energia, quando si riaccende si ritrovano tutti i dati. In questa zona martoriata del Congo che confina col Ruanda ci sono più del 60% di riserve mondiali di Coltan ma il primo esportatore mondiale di Coltan è proprio il Ruanda dove la strada più trafficata è appunto quella che lo porta in Congo dove carica il minerale, frutto di angherie e di morte ma che dona la ricchezza al paese presentato come modello africano di amministrazione. Naturalmente la legge del profitto delle multinazionali e il commercio mondiale che hanno qui interessi incalcolabili, copre e nasconde questa tragedia. Il nostro Ambasciatore, con le sue inchieste per difendere la povera gente, ha minacciato proprio questi loschi interessi; non è stato un incidente ma il tradimento di qualcuno che ha fatto sapere agli interessati la minaccia della verità che rischiava di apparire, e quindi come Gesù, anche Luca Attanasio « doveva morire » per salvaguardare l’interesse dei potenti. Non mi meraviglierei se il governo italiano, dopo aver gridato e fatto tanto fracasso, se ne stia poi zitto e non ne parli più: Ci sono troppi interessi e troppe complicità che coinvolgono tante persone e istituzioni, ONU compresa. Qui in Congo non si possono fare proteste pubbliche contro questi vergognosi massacri che continuano da oltre vent’anni all’EST del paese. Dopo un massacro avvenuto in gennaio, particolarmente crudele per i tanti morti sgozzati e poi mutilati, ho cominciato a ricordare questi fratelli nella messa al momento dei defunti. Ho scritto anche una lettera al cardinale affinché, almeno nella preghiera della chiesa, si rompa questo silenzio imposto dalle autorità. Non possiamo più tacere, il silenzio diventa complicità con questi seminatori di morte e terrore. C’è qualcuno che ha il terrore del Covid, ma questi nostri fratelli hanno visto membri della propria famiglia trucidati quando le autorità li avevano assicurati che non c’era nulla da temere. Anche il nostro martire Luca Attanasio era stato assicurato dalle autorità e dall’ONU che non c’era nulla da temere e, dato anche che rappresentava un’intera nazione. Così hanno orchestrato l’incidente che era una vera esecuzione in piena regola, mettendo a tacere addirittura un ambasciatore che per amore dei fratelli, fra i quali Dio l’aveva mandato, si era impegnato a sollevare il velo vergognoso che copre queste atrocità. Ci sono troppi interessi e complicità della finanza internazionale, delle multinazionali, di gente dell’ONU e del Congo a conservare questa fonte di straordinaria ricchezza anche se con la morte e il terrore per tanti innocenti. Ai funerali solenni, nella Cattedrale di Kinshasa, il nostro cardinale si è rivolto al presidente e autorità civili, definendo questo assassinio il massimo della vergogna e chiedendo che delle misure siano prese per far cessare questa tragedia. Eppure, dalla morte dell’ambasciatore alla fine di febbraio le persone sgozzate erano ancora più di una trentina. E il vergognoso massacro continua.

Vostro fratello Elio”

La Repubblica Democratica del Congo, come la conosciamo oggi, ha una superficie estesa quasi otto volte quella dell’Italia. Situata nel cuore dell’Africa è ricca di tutte le risorse minerarie più ricercate. E’ un paese ricco di biodiversità, dove abbondano corsi d’acqua, laghi e foreste. Eppure la gente vive di stenti e nelle regioni dell’Est se non muore trucidata, muore di fame. Padre Elio oggi ha 82 anni ed è missionario in Congo dal lontano 1971. Ha passato la maggior parte della sua vita in questo paese così martoriato e lontano dall’Europa, non solo geograficamente. Eppure si dichiara un uomo fortunato per aver sperimentato grandi gioie e grandi manifestazioni d’amore. Ringrazia costantemente Dio che gli conferisce la grazia di poter consolare chi è in difficoltà. Dalle sue lettere emerge prepotente proprio questa missione nella missione: consolare le persone afflitte, oppresse da povertà ed ingiustizie. Molto umilmente descrive il suo impegno missionario con queste parole: “la mia attività qui è soprattutto di dare una parola di conforto alle persone che vengono da me”. E’ certamente un gigante d’umiltà ed altruismo. Il notiziario dei Comboniani del Congo, in occasione del suo ottantesimo compleanno ha pubblicato una sua intervista. Qualcuno gli chiede conto delle difficoltà che ha dovuto superare in questi lunghi anni di missioni e lui racconta episodi come questo: “…L’altra esperienza difficile è stata vissuta nella missione di Bambilo, situata a 700 km da Kisangani. Durante i primi mesi, è stato molto difficile adattarmi. In effetti, ci mancava tutto. Avevamo una casa in “potopoto” (terriccio argilloso), frequentata da topi, che giravano come fossero a casa loro. Nel cortile e tutt’intorno, vedevamo regolarmente serpenti e le termiti rosicchiavano i nostri vestiti. Ci sono state anche grandi difficoltà a trovare cibo; oltre alle strade impervie per arrivarci, l’unico canale di comunicazione era la posta, che impiegava mesi per arrivare a destinazione e mesi per ottenere la risposta. Ho vissuto queste esperienze di sofferenza, ma in serenità, perché ho capito che fanno parte della vita missionaria che ho scelto liberamente.” Elio che da cinquant’anni vive in mezzo a povertà e disperazione si sente uno di loro, sa che lui dev’essere il fratello che li consola e li aiuta fino a che ne avrà la forza: “Qui, la stragrande maggioranza della gente vive in situazioni talmente disperate da non curarsi che del suo quotidiano. Spesso mi si chiede un aiuto: “Monpère, banda lobi nalei té” (Padre, è da ieri che non mangio…). Ieri un calzolaio, ministro straordinario dell’Eucaristia, che vedendomi con le scarpe rotte me le aveva aggiustate gratuitamente, è venuto portandomi ancora qualche frutto e poi, tutto umiliato, mi ha chiesto un aiuto per poter avere qualcosa da mangiare. Ad 82 anni Elio si aggira ancora per le strade sabbiose tra le baracche della sconfinata periferia di Kinshasa per raggiungere i poveri ed i malati che non hanno la possibilità di recarsi alla sua parrocchia per la messa. E ci va a piedi con le scarpe rotte. Un uomo così, disposto a donare la sua vita per gli ultimi, non ha certo paura di dire la verità. A maggior ragione, Elio è testimone impavido della verità. Ed allora sulla situazione che si vive nelle regioni dell’Est, parla senza mezzi termini di “sostituzione etnica”. Parla di “sterminio del popolo congolese per essere rimpiazzato con centinaia di migliaia di rwandesi” Questo è quello che denuncia stia avvenendo ad esempio nel Nord Kivu proprio ai confini col Rwanda. In un paese sommerso da foreste, montagne e piste impraticabili, il Nord Kivu, ricco di Coltan ed altri svariati minerali, è la porta d’accesso più comoda e transitabile. E’ da lì che passano tutti i traffici leciti ed illeciti verso il Rwanda. Ed è lì che si concentrano i delitti più efferati. Il giovane ambasciatore italiano Luca Attanasio si stava dirigendo proprio nella zona di Goma (capoluogo del Nord Kivu) ufficialmente per visitare alcuni villaggi dove il Programma Alimentare Mondiale (World Food Program) aveva finanziato i progetti di alcune Ong. Attanasio in qualità d’ambasciatore, voleva appurare che quei soldi dessero dei frutti per le popolazioni locali. Ma molto probabilmente l’intento del suo viaggio non si limitava solo a quello. Probabilmente voleva vedere con i propri occhi le tracce delle fosse comuni che più fonti gli avevano rivelato, a partire dal Dottor Mukwege Premio Nobel per la Pace 2018. Così come i Missionari Comboniani dei quali Attanasio era amico fraterno. D’altronde Padre Elio nelle sue lettere lo dice chiaramente: “il nostro ambasciatore è stato tradito perché stava indagando una verità troppo scomoda”. Il contingente Onu Monusco avrebbe dovuto garantirgli una scorta armata, invece ha deliberatamente abbandonato l’ambasciatore in viaggio, solo con i suoi pochi uomini.

Nel nome della Transizione Ecologica, Cina, Stati Uniti e parzialmente anche l’Europa, hanno sottoscritto importanti contratti col Rwanda, primo esportatore di minerali congolesi. Si, avete capito bene. Di tutte le ricchezze presenti in Congo, la Repubblica Democartica del Congo non esporta nulla perché la stragrande maggioranza del commercio di materie prime è gestito dal confinante Rwanda. E fino ad oggi le grandi potenze mondiali e le multinazionali hanno chiuso volentieri un occhio. Quell’occhio chiuso, nella pratica ha significato fregarsene dei migliaia di morti ammazzati. Lo sviluppo senza fine dei mercati globalizzati richiede innovazione tecnologica che a sua volta necessita di componentistica elettronica, strettamente legata all’utilizzo di materie prime. E’ in corso una vera e propria pulizia etnica, allo scopo di accaparrarsi i tesori del Congo, oltre che il controllo del territorio tramite spietate bande armate. Oggi nonostante alcuni provvedimenti, legalità e giustizia sono ancora lontane dal pieno compimento.

Al termine di questo racconto viene da chiedersi una cosa: com’è  possibile che noi occidentali, italiani, si viva nella più totale incoscienza? Se dell’automobile nella società moderna non possiamo  più fare a meno, forse però non capiamo che monopattini e biciclette a pedalata assistita hanno un costo umano (ed ambientale) nascosto non indifferente. Soprattutto siamo totalmente succubi delle novità che la moderna tecnologia ci propina. Inconsciamente pensiamo che più tecnologia in nostro possesso ci garantisca maggiore libertà, senza considerare il fatto che tutta questa moltitudine di novità tecnologiche, in molti casi si rivela totalmente superflua per il benessere delle nostre esistenze. Insomma, ne potremmo tranquillamente fare a meno.

Infine non ci rendiamo conto dello stridente contrasto che c’è tra le nostre vite e quelle di uomini come Elio Farronato, poveri fra i poveri, armati di un amore e di un coraggio senza eguali. Roba che noi piccoli uomini viziati, ci sogniamo. Eppure, per restituire almeno un po’ di giustizia a questo mondo in costante declino, sarebbe sufficiente anche solo rivedere i nostri moderni miti. Allora capiremmo che i modelli ai quali ispirarci non sono certo gli attuali status symbol e non si trovano nemmeno in mezzo alla moltitudine di imbonitori Social.

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